(blog di Ilaria Romano)
26. lug, 2021
Voto: 2 ½ stelline su / 5
È sempre difficile scrivere una recensione su un libro che non ti è piaciuto. Perché hai paura di offendere l’autore che comunque ci ha lavorato tanto, la casa editrice che ha creduto in lui e anche i lettori che invece lo hanno apprezzato. Ma la cosa più difficile nello scrivere una recensione negativa è che spesso non si trova l’ispirazione per farlo.
Mentre su un libro che ci è piaciuto le parole scorrono leggere sulla tastiera, con quelle negative diventano pesanti e vanno centellinate, in questo caso ancora di più visto che è anche arrivato finalista al Premio Strega, quindi ci saranno, suppongo, molte persone a cui è piaciuto.
Ma partiamo dalla trama.
Il protagonista è Ninni, un bambino nato subito dopo la Seconda guerra mondiale, la sua storia ci viene narrata in terza persona, non è lui a raccontarla. Ninni si trasferirà con i genitori e la sorellina a Milano lasciando il piccolo paese dell’Emilia dove è nato, qui dovrà affrontare anni difficili per adattarsi a questa nuova realtà così frenetica.
Ninni soffre anche di balbuzie e per il padre è quasi un disonore, mentre la mamma lo difende sempre.
Bellissimo anche il rapporto che ha con la nonna, colonna portante della famiglia, com’era un tempo.
Ninni poi crescerà, diventerà adolescente e il padre deciderà che quel diminutivo da bambino non va più bene, così all’improvviso Ninni diventa Piero sentendosi strappare un pezzo d’identità e di fanciullezza.
Ma i padri di allora non erano certo accondiscendenti e dolci come molti padri di oggi. La severità era la prima regola.
Ninni/Piero diventerà un uomo amante della letteratura grazie anche a quella nonna che fin da piccolo gli fece tanto amare i libri.
Una storia come tante, insomma, quella che ci racconta l’autore, una storia di un ragazzo italiano del dopoguerra, appunto, come cita il titolo.
Quello che però, a mio avviso, non fa decollare questo romanzo, è la mancanza di empatia. Non sono riuscita a sentirmi vicina al protagonista, non ho sentito le sue emozioni, mi è sembrato un diario in terza persona, asettico, impersonale, senza emozioni.
E non è la distanza temporale perché quando un romanzo è coinvolgente ti trascina in qualsiasi epoca senza fatica.
Personalmente non lo consiglierei e mi ha stupito anche che sia stato finalista allo Strega, ma questo vuol dire che ci sono, per fortuna, tanti lettori diversi al mondo e c’è spazio un po’ per tutti i gusti e gli stili.
Mi piacerebbe avere altri riscontri quindi se qualcuno di voi lo ha letto mi scriva nei commenti cosa ne pensa.
Ultimi commenti
23.11 | 05:54
Mi spiace non volevo offenderti ma esprimo solo un mio pensiero.
23.11 | 00:53
"Quasi dentro a ogni libro (ma non in tutti)"...
Se no non vuol dire niente la frase messa lì così.
PS. il libro di Bythell è tremendo. Magari anche il mio, ma quello è peggio. Grazie comunque.
15.06 | 16:38
Lia non so di che città sei ma qui a Milano ce ne sono ancora di bellissime, vanno scovate. Comunque continua a seguirmi perchè ho in mente proprio qualcosa legato a questo!
15.06 | 05:14
Grazie mi hai fatto ritrovare un ricordo bellissimo, quando ero ragazzina, e anche nella mia città c'erano librerie dell'usato, che ormai si sono estinte... Peccato...
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